Critica

 

Le tele di Serafina Tavella sono principalmente ispirate al tema della maternità ed è proprio attorno a questo tema che si snoda la sua produzione pittorica, costituita anche da ritratti, paesaggi, disegni preparatori, carboncini e sanguigne. (...)

L’artista descrive e sviluppa l’idea del legame unico e assoluto che lega madre e figlio: “una madre completamente assorta e concentrata nel mistero di cui fa parte ed un figlio ignaro ma partecipe della sostanza di chi l’ha generato”. Ciò si eleva a simbolo universale del bene, conferendo un messaggio di serenità e pace.

Serafina Tavella realizza i suoi lavori con la tecnica tradizionale dell’olio su tela, trattando la materia pittorica in maniera tale da creare effetti luministici originali e sfruttare una vasta gamma cromatica. Ciò che sembra smuovere il suo pennello non è solo passione ma affetto, affetto per ciò che la circonda e che diventa parte integrante della sua poetica artistica. Tutto diviene fonte d’ispirazione, oggetto d’esercitazione.

Se ne trae una forte carica espressiva, costituita da larghe pennellate intrise di colore.

Le luci “dosate” all’interno delle tele ed i contrasti chiaroscurali assumono il compito di evidenziare l’evento drammatico o sereno che sta descrivendo. (...)

Il secondo tema caratterizzante la sua produzione pittorica è di carattere ritrattistico;  per lo più d’ispirazione domestico-familiare. Attraverso la scelta di questo tema l’artista dà un impianto psicologico alla sua creazione.

Vi è una visione intimistica di ordine psicologico che consente di andare oltre ciò che si vede, nella semplicità delle espressioni o dei soggetti scelti ma con lo stupore del guardare le cose come se fosse la prima volta. (...)

Le tele di carattere sacro sono ricche di significato; i toni adottati (rosso carminio, giallo ocra) sottolineano la drammaticità dell’immagine, conferendone grande spessore ed in particolare si riscontra la presenza della linea di contorno che denota ai suoi quadri sicurezza ed incisività. (...)

 

Dott.ssa Giuditta Idà – Critico d’arte